“Ben oltre le idee di giusto e di sbagliato c’è un campo. Ti aspetterò laggiù” Jalal Rumi

Sebbene molti genitori ed educatori siano disposti ad accettare e comprendere un “litigio” o una “contesa” tra bambini anche molto piccoli, davanti all’atto del “mordere” si vive un intreccio di emozioni e domande…

Il fatto che un bambino morda nei primi anni di vita indica che sarà aggressivo e violento anche nelle fasi successive del suo sviluppo?

Perché ha morso?

Chi doveva “sorvegliare” il bambino avrebbe potuto impedirgli di mordere? Forse ora gli altri genitori non vorranno che i loro figli giochino con lui/lei! Cosa penseranno del modo di educare mio figlio/a?

Cose penseranno di me, come genitore?

Quanto durerà questa situazione?

Come possiamo aiutare la situazione?

Preoccupazioni e ansie pervadono gli adulti, che vengono fortemente attivati dalla paura per l’aggressività e si domandano quale sia la natura di tali comportamenti.

In questo caso più che mai non bisogna trarre conclusioni affrettate ma è necessario adottare chiavi di lettura che rendano conto della complessità del fenomeno.

Ora, insieme, cercheremo di riflettere su alcuni aspetti da tenere in considerazione.

Innanzitutto è necessario tenere presente che nei primi due anni di vita (ma anche oltre) i “sensi” sono il canale che permette ai bambini di scoprire il mondo e sviluppare la loro intelligenza.

Se un bambino venisse privato di queste esperienze sensoriali sarebbe fortemente limitante per il suo sviluppo cognitivo ed emotivo. Sarebbe come lasciare crescere un bambino al buio…

Inoltre nei primi anni di vita il bambino utilizza la bocca per entrare in contatto con il mondo esterno. L’oralità caratterizza molte esperienze, tra cui quella della nutrizione, il contatto con il  seno materno, l’esplorazione attraverso la bocca di moltissimi oggetti.

Nel bel mezzo di questa appagante esperienza orale i denti compaiono intorno al primo anno di vita, presentandosi con dolore, nel quadro di un periodo reso complesso dallo svezzamento e dal progressivo distacco dalle figure di attaccamento.

I denti rappresentano simbolicamente la possibilità di fare male anche durante l’esperienza più gratificante come il succhiare: il bambino deve imparare a gestire la possibilità di non ferire, nemmeno chi ama. Questo tema, si riproporrà più avanti in molte altre relazioni, da piccoli e in senso simbolico per tutta la vita.

Ritorniamo però ora sul contesto di vita di un bambino entro il terzo anno di vita (circa).

In ambienti molto stimolanti, come ad esempio il Nido, i bambini sono in contatto con coetanei e adulti: è facile che si generino eccitazioni o frustrazioni legate alla normale vita quotidiana, che richiederebbero di essere gestite dal piccolino senza perdere il controllo (morsi, urla, pianti, gesti aggressivi..).

Inoltre nei primi anni di vita il linguaggio è in progressiva evoluzione e non sempre in questo periodo si è in grado di esprimere ciò che si sente in situazioni di difficoltà.

Se dunque i bambini comunicano attraverso il corpo, allora con un morso possono esprimere i loro bisogni, desideri, frustrazioni…

Un morso, un conflitto possono rappresentare un modo per “prendere le misure” nelle relazioni con gli altri: un litigio può servire, in questa fase di sviluppo, a capire come rapportarsi con gli altri, anche passando per modalità meno “opportune”.

Successivamente lo sviluppo del linguaggio e la mediazione degli adulti (che suggeriscono nuove strategie di risoluzione dei conflitti) aiuteranno il bambino ad utilizzare modalità più costruttive e funzionali allo sviluppo di relazioni sane: esprimere i propri bisogni, fare richieste, chiedere l’aiuto dell’adulto nelle situazioni più complesse.

Questo non significa accettare che si possa picchiare o mordere, ma significa inquadrare il gesto nella fase di sviluppo del bambino, in maniera riflessiva e responsabile insieme.

Può quindi essere utile cercare di:

1. ridurre al massimo questi episodi con interventi che prevengono (gestione ad hoc di attività , tempi e spazi) o contengono il bambino (con comprensione ma anche fermezza. Assolutamente no alla perdita del controllo da parte dell’adulto davanti al morso, per quanto perturbante sia vivere il pianto e la disperazione della vittima)

2. evitare di “stigmatizzare” il bambino, attribuendogli una identità negativa e immutabile. Questo non può in nessun modo portare alla risoluzione del problema, anzi, potrebbe anche rinforzarlo. Inoltre attenzione a non qualificare il bambino ma il suo gesto (lui/lei non è “cattivo”, piuttosto ha “fatto una cosa brutta”. Questo farà comprendere che l’adulto crede nella possibilità di agire diversamente, la prossima volta)

3. aiutare il bambino, con calma e risolutezza, ad apprendere comportamenti alternativi e ad entrare in empatia con l’aggredito (capire che a causa propria il compagno sta piangendo perché il morso gli ha provocato molto dolore).

4. aiutare e consolare la “vittima”, di cui è necessario prendersi cura, altrettanto quanto dell’aggressore.

Una rigorosa osservazione nel contesto educativo accompagnata alla riflessione di genitori ed educatori aiuterà ad inquadrare il/i significato/i del gesto.

In ogni caso dobbiamo avere chiaro che l’aggressività di cui abbiamo trattato finora non è una caratteristica irreversibile del bambino: in genere scompare entro il terzo anno di vita (circa). L’estinzione e la gestione di questo comportamento vanno comunque promosse con un sano contesto di vita e interventi degli adulti che sostengano il bambino nel comprendere i suoi bisogni e i suoi vissuti, trovare nuovi modi più rispettosi per esprimerli.

Domandarsi quali siano gli stili educativi familiari e nel nido, le strategie educative, se ci siano sbilanciamenti tra elementi affettivi e “normativi” (presenza dei “no”) all’interno di una visuale ampia e articolata sullo sviluppo del bambino non potranno che arricchire la riflessione genitoriale e certamente aiutare l’evoluzione dei comportamenti aggressivi.

Bambini che mordono, nei primi anni di vita

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